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Convegno Comunicazione e Servizi 14\6\\11

 Relazione dott Adriana Salvia "Dinamiche relazionali in famiglie con soggetti disabili"

Ciascun individuo, ciascuno di noi, è imprescindibile dalla sua storia e da quella della famiglia in cui è nato, cresciuto e vissuto. La famiglia, cioè, è lo spazio relazionale primario, quello in cui sperimentiamo la difficile arte della coesistenza insieme alla sfida dell’autonomia che ci serve per diventare individui adulti definiti e centrati. Non è semplice l’equilibrio tra questi due poli ugualmente forti: l’appartenenza e l’indipendenza e tutti fatichiamo a trovarlo, per altro non tutti ci riusciamo. Qualunque sia la definizione che ci sentiamo di dare alla parola famiglia, qualunque sia la declinazione che scegliamo –allargata, monogenitoriale, classica, mista, multietnica ecc- non possiamo non riconoscere che quello che apprendiamo nelle nostre relazioni primarie (padre, madre, fratelli) ci forma nel bene e nel male per cui la famiglia può essere una risorsa preziosa, così come può costituire un limite o, nella maggioranza dei casi, essere entrambe le cose.

Dal punto di vista della psicologia sociale, la famiglia ha un suo ciclo vitale che è il risultato dei vissuti di coloro che la compongono: tutte le volte che nell’omeostasi familiare si verifica un cambiamento, percepito sia come negativo che come positivo, la famiglia deve ritrovare e ristabilire un nuovo equilibrio per poter continuare a mantenere il suo ruolo di contenitore affettivo sano. Il cambiamento, cioè, è sempre un elemento di criticità. Anche la nascita di un figlio è  un evento critico in quanto sconvolge totalmente l’equilibrio preesistente  e necessita di una riorganizzazione  dei rapporti tra i membri della famiglia.

La nascita di un figlio portatore di una disabilità si configura come evento critico per eccellenza  e rappresenta un elemento disadattante per qualsiasi famiglia, in quanto mette in evidenza gli stili di funzionamento familiare, le risorse chela famiglia è in grado di mobilitare, la sua adeguatezza o meno nello svolgimento dei compiti dello sviluppo del ciclo di vita e le modalità con le quali essa si rapporta con l’ambiente che la circonda.

In genere di fronte a questo evento, che molto spesso è del tutto inatteso, la famiglia è disorientata, spaventata, spesso angosciata, sopraffatta dall’apprensione, dalla rabbia o dal senso di colpa. L’annuncio della disabilità costituisce il momento a partire dal quale una nuova realtà familiare prende vita e niente potrà più essere come prima. Molti genitori ad anni di distanza ricordano questa prima fase come particolarmente angosciante, caratterizzata da un senso di impotenza e ribellione e da una profonda sensazione di solitudine.  Tutto quello che avevano sognato e immaginato durante i mesi dell’attesa è capovolto e spesso questa situazione iniziale è un vero e proprio trauma dal quale ci si riprende col tempo e con una profonda elaborazione.

Alcuni studiosi hanno cercato di classificare le reazioni dei genitori alla nascita di un figlio disabile, dividendole in tre fasi principali, pur riconoscendo che non esiste affatto una regola generalizzata perché ciascuna situazione è unica e particolare. Inoltre il processo di passaggio da una fase all’altra non è strettamente sequenziale e molti genitori hanno invece sottolineato la ciclicità degli stati d’animo in rapporto ai diversi eventi di vita che coinvolgono la famiglia. Si ritiene tuttavia che le reazioni dei genitori di fronte alla nascita di un figlio problematico abbiano più o meno questo andamento temporale:

una prima fase di shock, rifiuto, dolore, depressione. È una fase in cui i genitori non riescono ancora ad avere una consapevolezza piena di quello che è accaduto. Cercano informazioni, spiegazioni, individuano responsabilità possibili, si chiudono in uno strano isolamento e difficilmente gestiscono insieme la situazione: normalmente ciascuno dei due è preso dal proprio dolore e dalla propria paura. È un momento molto difficile e delicato della vita di  una coppia e di una famiglia, un momento in cui si corre il rischio di allontanarsi l’uno dall’altro. È un momento in cui la risposta dei sanitari e degli altri parenti è importantissima, perché un clima di accoglienza e di supporto favorisce moltissimo la transizione verso un atteggiamento meno pessimistico e catastrofico. Purtroppo dalle testimonianze di molti genitori capiamo che molto spesso in questi primi cruciali momenti non si riceve affatto il sostegno necessario, soprattutto da parte del personale medico, talvolta del tutto impreparato a fare fronte a questo evento.

Dopo questa prima fase di rifiuto, i genitori cominciano a fare i conti con la realtà e sperimentano sensi di colpa, vergogna, rabbia e imbarazzo. Soprattutto il senso di colpa è difficile da superare mentre la rabbia ha un andamento più ambivalente e si può nutrire nei confronti dei medici, del proprio partner, di se stessi, e persino di Dio e della vita che è stata tanto ingiusta. Alcune persone raccontano di aver cambiato totalmente il proprio carattere, di essere diventati aggressivi se erano miti, oppure passivi se viceversa erano più combattivi. Si deve però osservare che per lo più questi cambiamenti rientrano col tempo, quando cioè si passa alla fase della riorganizzazione, dell’accettazione e dell’adattamento, la fase in cui finalmente il bambino è sentito come figlio e non più come disabile e i genitori, la maggior parte di genitori, sperimentano quella forma di amore così particolare e profonda che caratterizzerà per sempre la relazione con questo figlio speciale.

“I bambini disabili nascono due volte: la prima li vede impreparati al mondo, la seconda dipende dall’amore e dall’intelligenza degli altri” così ci ricorda Giovanni Pontiggia nel suo bellissimo romanzo “Nati due volte” e ce lo ricorda dal suo punto di vista di genitore di un ragazzo disabile che ha vissuto ogni possibile gradazione di emozioni e sentimenti e ha conosciuto troppo spesso l’inadeguatezza della risposta degli “altri”, strutture sanitarie, scuola, società.  È evidente, dunque che l’integrazione sociale delle persone disabili non può in alcun modo prescindere dal contesto familiare. La condizione di disabilità comporta la permanenza del figlio nel nucleo di origine, per cui l’azione dei genitori è fondamentale nell’assicurare uno sviluppo cognitivo e armonico della persona. Le reazioni, la forza e l’equilibrio della famiglia rappresentano una leva cruciale non solo per il futuro del figlio in difficoltà, ma anche per la protezione e il benessere del nucleo familiare e dei suoi componenti.

Chi ha un figlio “disabile”, per evidenti risvolti emotivi ed affettivi, è assai a rischio rispetto alla cosiddetta “usura emotiva”. Egli si trova a gestire una relazione particolarmente problematica all’interno della quale sperimenta una vasta ed articolata gamma di bisogni. Ha innanzitutto la necessità, in molti casi, di uscire dall’isolamento e di scrollarsi di dosso vissuti emotivi negativi composti da un misto di vergogna e senso di colpa. Ha bisogno di imparare a collaborare costruttivamente con gli operatori, se sono presenti, che si occupano di suo figlio, ha la necessità di compartecipare e condividere i propri stati emotivi, di confrontarsi con altri che vivono la stessa esperienza. Soprattutto, ha bisogno di riprendere in mano la propria vita, particolarmente quando questa, percepita come interamente caratterizzata dalla patologia del figlio, viene “sacrificata”, “immolata”, “dedicata” a lui.

È certamente possibile per un genitore distanziare la propria vita da quella del figlio, occuparsi dei propri sensi di colpa, aumentare la consapevolezza delle emozioni e dei comportamenti, diminuire il coinvolgimento emotivo, riappropriarsi del ruolo di “genitore e non altro”. È possibile anche ripensare alla propria condizione di marito o moglie all’interno di una relazione di coppia attraversata esclusivamente dalle esigenze del figlio in difficoltà, che spesso sottace conflitti latenti, ma non per questo meno devastanti, che andrebbero affrontati e risolti (negazione, depressione, desiderio di espiazione che esclude l’altro, frustrazione, colpevolizzazione reciproca, rabbia inespressa, limitazione della vita coniugale vissuta oltre il figlio, senso di solitudine, incapacità di sostenersi reciprocamente, rischio di simbiosi cronica).

Nel momento in cui il genitore sposta l’attenzione della vita del figlio alla propria, è in grado di osservare, analizzare meglio e  modificare i propri vissuti emotivi. Così facendo sperimenta un netto miglioramento della qualità della propria vita che comporta anche un vantaggio per il figlio che si ritrova a relazionarsi con un genitore più sereno e costruttivo di fronte ai problemi.

Il ciclo di incontri che abbiamo avuto con l’associazione Dopo di Noi ha avuto come  obiettivo appunto quello di stimolare una posizione attiva che vede il genitore artefice e costruttore di un nuovo benessere rispetto a quelle parti percepite come deficitarie.

 La dimensione gruppale dell’associazione ha una funzione molto importante, in quanto un percorso di maggiore autonomia  è possibile soprattutto creando anche gruppi di sostegno costituiti dai familiari stessi. La situazione di “handicap” deve essere stimolatrice della coesione e della reciprocità intrafamiliare ed extrafamiliare con maggiore apertura ai supporti esterni. I percorsi di gruppo si caratterizzano per la capacità di creare un clima di partecipazione, di condivisione e di socializzazione. Il contatto con problematiche simili alle proprie permette di rompere un isolamento, solitamente molto pesante. In gruppo può essere più facile riuscire a vedere in modo diverso le situazioni che si vivono. Si notano inoltre le fatiche, le difficoltà, gli insuccessi degli altri che hanno problemi simili  e ci si rende conto di come sia difficile per tutti dare risposte e organizzarsi in modo efficace. Gradualmente cresce la curiosità nei confronti di cosa fanno, come pensano, come scelgono gli altri, cosa che spinge a confrontarsi e ad ascoltare con attenzione modi alternativi ai propri. Questo confronto costruttivo porta a mettere in pratica altre soluzioni non ancora adottate e a suggerirne di proprie.

Il gruppo si costituisce ben presto come punto di riferimento importante e può diventare anche un’occasione per allargare la sfera sociale, organizzando eventi comuni, dandosi una mano in momenti di criticità, frequentandosi al di là degli incontri previsti dal progetto. Infine in gruppo si possono intraprendere iniziative nei luoghi della politica sociale, per sensibilizzare la comunità e coinvolgere quanti hanno potere decisionale circa le risorse da mettere in campo per meglio affrontare le problematiche derivanti dalla condizione di disabilità.

Concludo con una nota personale: l’esperienza con i genitori dell’associazione “Dopo di noi” è stata per me un’importante occasione di crescita. Credo di aver imparato molto e di aver ricevuto anche di più e oggi i genitori e i ragazzi del Dopo di Noi sono degli amici cari dai quali torno sempre con gioia. Le nostre comunità hanno sempre di più bisogno di vicinanza e confronto, di solidarietà e partecipazione e favorendo l’associazionismo familiare si favorisce la vera integrazione e la sensibilizzazione dell’intera società civile. Associazioni come questa non aiutano soltanto le persone che devono affrontare il problema della disabilità ma aiutano tutti noi, che siamo colpiti da una forma di disabilità molto grave e molto diffusa: come le tre scimmiette troppo spesso non siamo capaci né di vedere, né di sentire, né di parlare.

 

 

Convegno Comunicazione e Servizi 14\6\11

Dott Marilena Blasucci"Comunicare per Vivere Opuscolo informativo.

L’Associazione Dopo di Noi ha partecipato al Bando  Promozione 2009 del CSV con un progetto intitolato “Crescere per socializzare” che è stato finanziato.

Il progetto assume l’informazione e la sensibilizzazione come le due parole chiave per tentare di ribaltare l’ottica con cui si guarda solitamente alla problematica della disabilità e dell’handicap. La sfida è di passare da uno stato di indifferenza e\o di pietà (anche inconsapevole), ad uno di collaborazione e condivisione in modo  da creare una nuova cultura che sarà alla base delle scelte e dei comportamenti dei cittadini verso le persone disabili.

In questi ultimi tempi si sono letti sulla stampa vari attacchi all’autonomia delle persone disabili(scuole speciali, privatizzazione degli insegnanti di sostegno o degli assistenti alla persona, ecc), l’impressione che si  è avuta è stata quella di non considerare  tutte le battaglie e le conquiste che le stesse  hanno fatto insieme ad altri per vivere con più dignità, e di non riconoscere la fatica  e la tenacia di tante persone disabili(note o meno) che vivono quotidianamente affrontando moltissimi problemi. 

L’obiettivo era quindi l’informazione e la sensibilizzazione sulle problematiche dell’handicap, rivolto ai giovani, agli utenti, alle famiglie di persone disabili. Nel mio intervento esporrò brevemente i risultati di questo progetto che nella sua forma conclusiva abbiamo voluto ridenominare “Informazione e comunicazione”.

Negli anni scorsi l’Associazione ha utilizzato varie forme di comunicazione anche attraverso attività che andavano al di là del semplice convegno e ha  sperimentato con successo lo spettacolo teatrale che ha visto come attori alcuni ragazzi disabili, la rassegna cinematografica su tematiche specifiche al mondo dell’handicap, la costruzione di un calendario  che è diventato un segno distintivo della stessa.  

In questo progetto però ci siamo proposti di raggiungere soprattutto i ragazzi del mondo della scuola e i giovani ai quali spesso questa problematica sembra  lontana ed invece hanno la forza e la spontaneità di occuparsi di tematiche importanti se solo gli si da la possibilità. Abbiamo scelto quindi  2 livelli uno di confronto diretto,  l’altro di utilizzo di nuove tecnologie. 

Tramite il bando  si è potuto  attivare un sito www.associazionedopodinoi.it   utile per far conoscere a tutti le esperienze fatte, i progetti,  e a comunicare con chi lo visita, infatti si possono inviare mail  per avere informazioni, suggerire modifiche, integrazioni, ecc.   Il secondo risultato è stata la predisposizione di un opuscolo informativo nel quale l’Associazione Dopo di Noi  ha preso in considerazione vari tematiche che riguardano il mondo della disabilità quali scuola, insegnanti di sostegno, barriere architettoniche, riconoscimento dell’invalidità, acquisto e modifica di automobili, ecc. Sono inserite alcune leggi nazionali e regionali utili per avere ausili o agevolazioni. Le indicazioni che si sono offerte,  non vogliono essere esaustive, ma possono essere utili, perché procedure, leggi, prassi sono a volte sconosciute,  a volte disattese o poco utilizzate vanificando così le possibilità esistenti.

Nell’opuscolo sono elencati i servizi a favore dei disabili nella città. Infine c’è un elenco di associazioni presenti e operanti nella provincia di Potenza e nella provincia di Matera, anche questo elenco non è certamente esaustivo. L’opuscolo è  consultabile anche in modalità on line. Già da un po’ di tempo l’Associazione aveva aperto un gruppo su Facebook al quale hanno aderito anche persone  interessate al problema, conoscenti, associati, o semplicemente curiose come è naturale sui net-work. Abbiamo costatato che su Fb anche altre associazioni di disabili, come il Comitato prepensionamento familiari disabili gravi e gravissimi,  vari siti sull’eliminazione delle barriere architettoniche, Mamme H , ecc hanno aperto gruppi  di informazione attraverso i quali si entra in rete su problematiche comuni.L’altra modalità di comunicazione utilizzata è stata il confronto diretto con Associazioni, ragazzi, istituzioni, famiglie. 

 L’ Associazione ha tenuto 2 incontri con vari alunni dell’Istituto Falcone, facendo conoscere l’ esperienza,  le finalità, e quello che si è raggiunto. Inoltre si è parlato di tutte le problematiche legate al mondo dell’handicap.I ragazzi sono stati molto ricettivi, si sono mostrati interessati e speriamo che con la collaborazione dei docenti e degli adulti saranno tra i volontari che si interesseranno dei problemi del terzo settore. Farli interessare alle problematiche del sociale è molto importante visto che saranno un domani quelli che si occuperanno della cosa pubblica.  Sempre nell’ottica di un confronto diretto sulle leggi e le prassi abbiamo fatto un incontro con un gruppi di volontari che provenivano da vari Stati dell’Europa centrale.

Questo è stato in sintesi il progetto speriamo di poter farne altri e anche di più grande portata in collaborazione con altre Associazioni ed Enti. L’intento sarà sempre quello di lavorare per la dignità delle persone disabili e delle loro famiglie che, tutelati della Costituzione, non devono essere vissute come un peso per la società.

 

 

Convegno 14 giugno 2011

Il giorno 14 giugno abbiamo portato a termine il nostro impegno!!!!

Il convegno organizzato dalla nostra associazione è stato qualitativamente valido per il coinvolgimento di quelle figure istituzionali che ci apprezzano per la lotta che stiamo portando avanti per il riconoscimento dei diritti dei disabili.Il dato significativo è risultato essere la presenza di altre associazioni del terzo settore che non sono mai stati presenti ai nostri convegni precedenti! Vuol significare qualcosa?? Spero proprio di si. 
Un ringraziamento voglio rivolgerlo a chi ha con sacrificio ha collaborato alla riuscita della manifestazione,sperando in un coinvolgimento più consistente per i prossimi programmi.Un affettuoso saluto a tutti.

 

Permessi per disabili

L’Associazione Dopo di Noi, di cui la sig.ra Alba Montagnuolo è una socia e consigliera, si associa al disappunto della stessa per il disagio che sta vivendo insieme alla figlia. La ragazza è affetta da una gravissima patologia che certamente non migliora nel giro di due anni e nemmeno di 10… ! Il permesso per i disabili è un diritto e secondo il comma 3 dell’art 381 del Codice della Strada, dopo il primo rilascio, non c’è bisogno di sottoporsi a visita ma "Il rinnovo avviene con la presentazione del certificato del medico curante che confermi il persistere delle condizioni sanitarie che hanno dato luogo al rilascio." , inoltre per il DPR 495/1992 il contrassegno, è concesso a prescindere dalla titolarità di una patente di guida o dalla proprietà di un automezzo, e dal 1996 è concesso anche ai non vedenti. La figlia della sig.ra Montagnuolo rientra “senza se e senza ma” nel dettame dell’art 381 comma 3, Per questi motivi chiedere alla sig.ra Montagnuolo di portare la figlia alla ASP con le difficoltà e il disagio che questo comporta è veramente incomprensibile e certamente non risponde allo spirito di servizio che dovrebbe contrassegnare gli operatori sanitari e i medici. Negli ultimi giorni è apparsa su un quotidiano una lettera di una donna che abita in Sardegna, che ha una figlia grave e che si è trovata nella stessa situazione della sig.ra Montagnuolo, non vorremmo che si “approfitti” del bisogno di queste persone per chiedere cose che neanche si dovrebbe, non osiamo credere che i medici non conoscano l’art. 381 comma 3 del Codice della strada…! L’Associazione Dopo di Noi si permette infine di sollecitare due cose, che i parcheggi per disabili siano liberi da altre auto, il che comporta una maggiore attenzione dei Vigili Urbani e che si effettui una verifica dei contrassegni per disabili nella città di Potenza

 

Seminario "Vita indipendente"

Oggi, 14 Maggio 2011, presso il centro di servizi al volontariato di Potenza, si è tenuto il seminario "vita Indipendente",  organizzato dalla Fish Basilicata dalle ore 10 alle 14.All'evento ha partecipato oltre alla dott.ssa Vincenza Ferrarese, il dott. dott. Giampiero Griffo membro del Consiglio Mondiale DPI ed il dott. Riccardo Biazzo del comitato scientifico della stessa Fish, anche la nostra Associazione.Il Presidente V. Carlone è intervenuto sul tema abitativo dei disabili, quale massima espressione di vita indipendente.

 
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