News

Modifiche assunzioni disabili

L’entrata in vigore del Decreto Legge n.138 del 13 agosto 2011 ha modificato la cosiddetta flessibilità delle assunzioni obbligatorie dei disabili.

La precedente normativa prevedeva già che i datori di lavoro potessero assumere più disabili di quanti previsti dalla legge, andando a compensare così l’obbligo di assunzione presso altre unità produttive della stessa azienda nella stessa regione.

Il DL 138/2011 invece concede ora ai datori di lavoro di compensare le assunzioni a livello nazionale. Quindi i datori di lavoro privati che possiedono più unità produttive possono assumere  più persone disabili presso una sede e compensare così le assunzioni al di sotto del numero di legge in altre unità.

QUALI AZIENDE  – le aziende che potranno agire in questo modo sono le società collegate o controllate (parte del gruppo individuato ai sensi dell’art. 2359 del cod. civ). Si tratta di grosse società, che spesso hanno sedi dislocate su tutto il territorio nazionale. I datori di lavoro che intendono avvalersi della compensazione devono trasmettere telematicamente, ai servizi provinciali di competenza, il prospetto annuale della totalità di assunzioni a livello nazionale e dell’assolvimento dell’obbligo di assunzione ai sensi della legge.

GLI ENTI PUBBLICI – Per gli enti pubblici la compensazione può essere attuata unicamente a livello regionale.

 

“La mia denuncia deve andare avanti”

 

POTENZA- Non si vuo­le arrendere la signora Alba Montagnuolo. Ave­va contattato la nostra re­dazione e ci aveva spiega­to il suo problema: per ri­confermare il contrasse­gno auto necessario alla figlia Maria Carmela, affetta da una malattia incurabile, dopo due an­ni le hanno detto che bi­sognava af­frontare una nuova visita della apposita commissione dell'Asp. "Per mia figlia è davvero diffi­cile spostarsi e, secondo il codice stra­dale, il primo ok per il contrassegno auto al di­sabile lo dà la commis­sione dell'Asp. Poi ogni cinque anni il contrasse­gno va rinnovato ed è suf­ficiente un certificato medico che attesti il per­sistere della patologia. Ogni due anni la vista va chiesta, invece, per il ri­lascio del contrassegno a chi ha una disabilità temporanea, ad esempio, a chi è stato operato o al­tro". Per questo la signo­ra Montagnuolo, sostenu­ta anche dall'associazio­ne "Dopo di noi", si era rivolta al Tribunale di Po­tenza per denunciare quello che lei ritiene un  abuso ma anche per chie­dere "di eseguire atten­te verifiche su tutti i con­trassegni rilasciati che potrebbero essere nelle mani di chi non ne ha di­ritto". L'Asp, nel frattem­po, aveva risposto alla si­gnora di non essere af­fatto in errore: "è il Co­mune di Potenza a chie­dere all'Asp una consulen­za medica giuridica preliminare al ri lascio del per messo" ed inoltre è "pro­prio la nor­mativa che prevede la vi­sita, di un'apposita com­missione". Poi, però, ha ricevuto la notizia della richiesta di archiviazio­ne della sua pratica, ma questo non l’ ha scorag­giata. "Venerdì scorso con il mio avvocato mi so­no opposta all'archivia­zione. Voglio che la que­stione - ha detto- sia af­frontata fino in fondo. Un giudice ha ritenuto la mia denuncia una lamen­tela ma anche se non ho citato gli articoli la mia richiesta era chiara. Io non mi fermo. Voglio an­dare avanti".

 

lettera all'Ass Reg Martorano

 

                   All’Assessore alla Salute, Sicurezza e Solidarietà Sociale

 

Dott. Attilio Martorano

Regione Basilicata

 

 

Agli Organi di Stampa

Loro Sedi

Oggetto: Ausilii per soggetti disabili ed anziani

               Richiesta di Audizione

 

                                      

I genitori e parenti dei ragazzi affetti da handicap grave apprendono con rammarico la decisione di questo Assessorato di limitare la fornitura di pannoloni assorbenti a tutte quelle categorie di persone che, purtroppo, ne hanno bisogno durante l’espletamento delle normali attività quotidiane.

Seppur siamo a conoscenza dei forti tagli che il Governo ha imposto alle Regioni in tema di pubblica sanità e altro, non comprendiamo tuttavia perché ad essere penalizzate debbano essere sempre e soltanto le categorie più svantaggiate, già di per sé penalizzate dalle precarie condizioni di salute in cui versano, visto che parliamo essenzialmente di disabili e anziani.

La facile tendenza, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, di colpire immediatamente queste categorie quando si tratta di “risparmiare”, porta di fatto queste persone a vedersi sottrarre mezzi praticamente indispensabili, in quanto di supporto a quelle pratiche quotidiane che per noi “normali” sembrano scontate.

Il risultato, per rimanere in tema, è che in molti casi ognuna di queste persone potrà d’ora in poi beneficiare di un solo ausilio per il giorno e uno per la notte, escluso gli ausili a mutandina che non hanno effetto assorbente, come a dire che ognuno di noi può andare al bagno una volta durante il giorno e una durante la notte.

Si comprende facilmente come possa risultare assurda e ridicola una tale situazione.

Viene da chiedersi: se è vero che vi erano forti sprechi in questo senso da parte di qualche utente che riceveva un numero elevato di pannoloni pur non avendone tanto bisogno, perché la Regione non ha valutato quali fossero le reali esigenze dei singoli beneficiari piuttosto che decidere di tagliare in blocco a tutti la fornitura degli stessi, anche a coloro che invece ne hanno effettivamente bisogno, visto che esistono casi eccezionalmente gravi? Inoltre, ci chiediamo se la Regione abbia già valutato altri settori, magari non riguardanti categorie svantaggiate, su cui applicare tagli e, in tal caso, vorremmo sapere quali.

Lamentiamo, inoltre, anche la modalità con cui si è presa questa decisione, in quanto non assolutamente condivisa con le Associazioni di categoria, come in ogni Paese democratico andrebbe fatto e come in realtà è stato fatto da questo stesso Assessorato in altri casi, per esempio con le farmacie rurali, lasciando quindi trapelare un trattamento diverso e sicuramente più accomodante, visto che a quanto pare i tagli inizialmente previsti in quel settore sono stati decurtati se non proprio annullati.

In una nota a firma del direttore del distretto di Potenza della Asp (Azienda Sanitaria Potenza), con la quale si avverte che la Regione ha ristretto la somma a disposizione e che l'Asp, suo malgrado, si vede costretta a ridurre la dotazione di presidi sanitari, si legge testualmente: «Contestare i sacrifici imposti dalle decisioni regionali all'interno del sistema sanitario regionale, sicuramente comprensibile, sarebbe espressione di un atteggiamento qualunquistico e scarsamente produttivo». Riteniamo che difendere le categorie più svantaggiate, soprattutto quando i tagli potrebbero essere applicati a categorie sicuramente più agiate, non sia assolutamente un atteggiamento qualunquistico e scarsamente produttivo.

Con l’auspicio di avere maggiori e celeri ragguagli a riguardo degli interrogativi posti, a nome di tutte le famiglie che rappresento,vogliamo presentare i nostri

                                                                                           Il Presidente

                                                                                                  Vincenzo Carlone

 

 

 

Convegno "Comunicazione e Servizi " 14\6\11 Relazione del Presidente Vincenzo Carlone

                                   

 

 Un saluto ed un ringraziamento doveroso a quanti  sono intervenuti al nostro convegno annuale che, per gentile concessione del sig. Sindaco, Vito Santarsiero, si tiene in questo teatro. Il convegno che abbiamo organizzato è incentrato sulla “Comunicazione e Servizi” quale comportamento per inviare un messaggio anche alle Istituzioni e per aprire con esse un dialogo costruttivo. Il volumetto da noi preparato, vuole offrire una serie di dettagliate informazioni sui diritti dei disabili, molto spesso oggetto di diritti NEGATI.

La nostra storia associativa nasce nell’anno 2007 quando, un gruppo di  genitori di ragazzi, diversamente abili, della città e della Provincia di Potenza, spinti dalle necessità, si sono aggregati per avere risposte concrete al quesito abitativo del “DOPO DI NOI”. E’ quindi iniziato un confronto con le parti interessate,alle quali sono stati esposti i nostri bisogni. Non abbiamo però rinunciato a   proporre elementi costruttivi per la risoluzione del problema abitativo dei ragazzi disabili, specialmente di quelli  gravi e senza supporti familiari che sono maggiormente abbisognevoli delle nostre attenzioni. Il problema della residenzialità è stato quindi affrontato all’epoca dall’Amministratore Unico dell’Ater di Potenza l’Ing:Raffaele Vita che, nel “Programma dei cento alloggi di Bucaletto”, nella progettazione degli stessi, ha previsto una congrua superficie per risolvere il problema con una casa domotica .

Il giorno 23 Marzo ultimo scorso, alla presenza dell’ing. Dragonetti, del sig Sindaco, del Governatore Regionale DeFilippo e di altre personalità civili e religiose è stato presentato il piano costruttivo degli edifici nella sala parrocchiale della chiesa di Bucaletto, comprendente una casa-famiglia di 250 mq.

L’Ing. Dragonetti, subentrato alla guida dell’Ater all’ing Vita, per l’occasione, associandosi ai relatori presenti, ha avuto parole di elogio per l’impegno profuso che ci ha visto collaborare per la progettazione di una struttura che possa accogliere in maniera confortevole i nostri ragazzi disabili.

Al sig. Sindaco vogliamo sollecitare l’atto formale con l’Ater per perfezionare burocraticamente la struttura residenziale per gli utenti della stessa ed inoltre licenziare con delibera di giunta, il progetto relativo già da tempo approntato dall’Assessorato alle politiche sociali  dal titolo “Una Casa Per Imparare a Vivere In Autonomia”ed inviarlo alla Regione per il finanziamento relativo. Con l’occasione sollecitiamo vivamente l’Assessore Martorano affinchè voglia attivarsi per deliberare alla realizzazione del suddetto progetto, e verificarne l’iter con il fondo destinato al “Dopo di Noi” di 750.000 euro con apposito capitolo finanziato con delibera di giunta Regionale del 7 Luglio 2009.

Il direttore Generale dott. Pietro Quinto, in un incontro con la nostra delegazione di genitori ha confermato che tale fondo è stato effettivamente destinato a tale scopo e sarà utilizzato non appena il dirigente dell’Assessorato, darà corso alla relativa procedura.

A  tal proposito,sollecitiamo la realizzazione di un tavolo di lavoro tra Regione, Comune e la nostra associazione che è supportata dalla fondazione Avisper che ci ha offerto la sua collaborazione per poter iniziare un percorso,anche in via sperimentale di subitanea realizzazione, perché i soggetti disabili imparino a vivere in autonomia. Noi associati, abbiamo gettato le basi per questo progetto di così grande impatto sociale.

Non si può più indugiare ulteriormente per la realizzazione di quanto proposto, noi genitori non ce lo possiamo permettere. L’augurio che faccio a me stesso ed alle famiglie è quello che si riesca a concretizzare, con la collaborazione delle figure istituzionali, quanto da noi proposto.Una conclusiva sollecitazione quindi per un incontro di lavoro tra i soggetti interessati alla risoluzione del problema, mi sento di rivolgere unitamente a tutte le famiglie che sono rappresentate per il mio tramite le quali, vogliono ringraziare e porgere a tutti, i più cordiali saluti.  

 

   

                                                   

 

 

Convegno Comunicazione e Servizi 14\6\\11

 Relazione dott Adriana Salvia "Dinamiche relazionali in famiglie con soggetti disabili"

Ciascun individuo, ciascuno di noi, è imprescindibile dalla sua storia e da quella della famiglia in cui è nato, cresciuto e vissuto. La famiglia, cioè, è lo spazio relazionale primario, quello in cui sperimentiamo la difficile arte della coesistenza insieme alla sfida dell’autonomia che ci serve per diventare individui adulti definiti e centrati. Non è semplice l’equilibrio tra questi due poli ugualmente forti: l’appartenenza e l’indipendenza e tutti fatichiamo a trovarlo, per altro non tutti ci riusciamo. Qualunque sia la definizione che ci sentiamo di dare alla parola famiglia, qualunque sia la declinazione che scegliamo –allargata, monogenitoriale, classica, mista, multietnica ecc- non possiamo non riconoscere che quello che apprendiamo nelle nostre relazioni primarie (padre, madre, fratelli) ci forma nel bene e nel male per cui la famiglia può essere una risorsa preziosa, così come può costituire un limite o, nella maggioranza dei casi, essere entrambe le cose.

Dal punto di vista della psicologia sociale, la famiglia ha un suo ciclo vitale che è il risultato dei vissuti di coloro che la compongono: tutte le volte che nell’omeostasi familiare si verifica un cambiamento, percepito sia come negativo che come positivo, la famiglia deve ritrovare e ristabilire un nuovo equilibrio per poter continuare a mantenere il suo ruolo di contenitore affettivo sano. Il cambiamento, cioè, è sempre un elemento di criticità. Anche la nascita di un figlio è  un evento critico in quanto sconvolge totalmente l’equilibrio preesistente  e necessita di una riorganizzazione  dei rapporti tra i membri della famiglia.

La nascita di un figlio portatore di una disabilità si configura come evento critico per eccellenza  e rappresenta un elemento disadattante per qualsiasi famiglia, in quanto mette in evidenza gli stili di funzionamento familiare, le risorse chela famiglia è in grado di mobilitare, la sua adeguatezza o meno nello svolgimento dei compiti dello sviluppo del ciclo di vita e le modalità con le quali essa si rapporta con l’ambiente che la circonda.

In genere di fronte a questo evento, che molto spesso è del tutto inatteso, la famiglia è disorientata, spaventata, spesso angosciata, sopraffatta dall’apprensione, dalla rabbia o dal senso di colpa. L’annuncio della disabilità costituisce il momento a partire dal quale una nuova realtà familiare prende vita e niente potrà più essere come prima. Molti genitori ad anni di distanza ricordano questa prima fase come particolarmente angosciante, caratterizzata da un senso di impotenza e ribellione e da una profonda sensazione di solitudine.  Tutto quello che avevano sognato e immaginato durante i mesi dell’attesa è capovolto e spesso questa situazione iniziale è un vero e proprio trauma dal quale ci si riprende col tempo e con una profonda elaborazione.

Alcuni studiosi hanno cercato di classificare le reazioni dei genitori alla nascita di un figlio disabile, dividendole in tre fasi principali, pur riconoscendo che non esiste affatto una regola generalizzata perché ciascuna situazione è unica e particolare. Inoltre il processo di passaggio da una fase all’altra non è strettamente sequenziale e molti genitori hanno invece sottolineato la ciclicità degli stati d’animo in rapporto ai diversi eventi di vita che coinvolgono la famiglia. Si ritiene tuttavia che le reazioni dei genitori di fronte alla nascita di un figlio problematico abbiano più o meno questo andamento temporale:

una prima fase di shock, rifiuto, dolore, depressione. È una fase in cui i genitori non riescono ancora ad avere una consapevolezza piena di quello che è accaduto. Cercano informazioni, spiegazioni, individuano responsabilità possibili, si chiudono in uno strano isolamento e difficilmente gestiscono insieme la situazione: normalmente ciascuno dei due è preso dal proprio dolore e dalla propria paura. È un momento molto difficile e delicato della vita di  una coppia e di una famiglia, un momento in cui si corre il rischio di allontanarsi l’uno dall’altro. È un momento in cui la risposta dei sanitari e degli altri parenti è importantissima, perché un clima di accoglienza e di supporto favorisce moltissimo la transizione verso un atteggiamento meno pessimistico e catastrofico. Purtroppo dalle testimonianze di molti genitori capiamo che molto spesso in questi primi cruciali momenti non si riceve affatto il sostegno necessario, soprattutto da parte del personale medico, talvolta del tutto impreparato a fare fronte a questo evento.

Dopo questa prima fase di rifiuto, i genitori cominciano a fare i conti con la realtà e sperimentano sensi di colpa, vergogna, rabbia e imbarazzo. Soprattutto il senso di colpa è difficile da superare mentre la rabbia ha un andamento più ambivalente e si può nutrire nei confronti dei medici, del proprio partner, di se stessi, e persino di Dio e della vita che è stata tanto ingiusta. Alcune persone raccontano di aver cambiato totalmente il proprio carattere, di essere diventati aggressivi se erano miti, oppure passivi se viceversa erano più combattivi. Si deve però osservare che per lo più questi cambiamenti rientrano col tempo, quando cioè si passa alla fase della riorganizzazione, dell’accettazione e dell’adattamento, la fase in cui finalmente il bambino è sentito come figlio e non più come disabile e i genitori, la maggior parte di genitori, sperimentano quella forma di amore così particolare e profonda che caratterizzerà per sempre la relazione con questo figlio speciale.

“I bambini disabili nascono due volte: la prima li vede impreparati al mondo, la seconda dipende dall’amore e dall’intelligenza degli altri” così ci ricorda Giovanni Pontiggia nel suo bellissimo romanzo “Nati due volte” e ce lo ricorda dal suo punto di vista di genitore di un ragazzo disabile che ha vissuto ogni possibile gradazione di emozioni e sentimenti e ha conosciuto troppo spesso l’inadeguatezza della risposta degli “altri”, strutture sanitarie, scuola, società.  È evidente, dunque che l’integrazione sociale delle persone disabili non può in alcun modo prescindere dal contesto familiare. La condizione di disabilità comporta la permanenza del figlio nel nucleo di origine, per cui l’azione dei genitori è fondamentale nell’assicurare uno sviluppo cognitivo e armonico della persona. Le reazioni, la forza e l’equilibrio della famiglia rappresentano una leva cruciale non solo per il futuro del figlio in difficoltà, ma anche per la protezione e il benessere del nucleo familiare e dei suoi componenti.

Chi ha un figlio “disabile”, per evidenti risvolti emotivi ed affettivi, è assai a rischio rispetto alla cosiddetta “usura emotiva”. Egli si trova a gestire una relazione particolarmente problematica all’interno della quale sperimenta una vasta ed articolata gamma di bisogni. Ha innanzitutto la necessità, in molti casi, di uscire dall’isolamento e di scrollarsi di dosso vissuti emotivi negativi composti da un misto di vergogna e senso di colpa. Ha bisogno di imparare a collaborare costruttivamente con gli operatori, se sono presenti, che si occupano di suo figlio, ha la necessità di compartecipare e condividere i propri stati emotivi, di confrontarsi con altri che vivono la stessa esperienza. Soprattutto, ha bisogno di riprendere in mano la propria vita, particolarmente quando questa, percepita come interamente caratterizzata dalla patologia del figlio, viene “sacrificata”, “immolata”, “dedicata” a lui.

È certamente possibile per un genitore distanziare la propria vita da quella del figlio, occuparsi dei propri sensi di colpa, aumentare la consapevolezza delle emozioni e dei comportamenti, diminuire il coinvolgimento emotivo, riappropriarsi del ruolo di “genitore e non altro”. È possibile anche ripensare alla propria condizione di marito o moglie all’interno di una relazione di coppia attraversata esclusivamente dalle esigenze del figlio in difficoltà, che spesso sottace conflitti latenti, ma non per questo meno devastanti, che andrebbero affrontati e risolti (negazione, depressione, desiderio di espiazione che esclude l’altro, frustrazione, colpevolizzazione reciproca, rabbia inespressa, limitazione della vita coniugale vissuta oltre il figlio, senso di solitudine, incapacità di sostenersi reciprocamente, rischio di simbiosi cronica).

Nel momento in cui il genitore sposta l’attenzione della vita del figlio alla propria, è in grado di osservare, analizzare meglio e  modificare i propri vissuti emotivi. Così facendo sperimenta un netto miglioramento della qualità della propria vita che comporta anche un vantaggio per il figlio che si ritrova a relazionarsi con un genitore più sereno e costruttivo di fronte ai problemi.

Il ciclo di incontri che abbiamo avuto con l’associazione Dopo di Noi ha avuto come  obiettivo appunto quello di stimolare una posizione attiva che vede il genitore artefice e costruttore di un nuovo benessere rispetto a quelle parti percepite come deficitarie.

 La dimensione gruppale dell’associazione ha una funzione molto importante, in quanto un percorso di maggiore autonomia  è possibile soprattutto creando anche gruppi di sostegno costituiti dai familiari stessi. La situazione di “handicap” deve essere stimolatrice della coesione e della reciprocità intrafamiliare ed extrafamiliare con maggiore apertura ai supporti esterni. I percorsi di gruppo si caratterizzano per la capacità di creare un clima di partecipazione, di condivisione e di socializzazione. Il contatto con problematiche simili alle proprie permette di rompere un isolamento, solitamente molto pesante. In gruppo può essere più facile riuscire a vedere in modo diverso le situazioni che si vivono. Si notano inoltre le fatiche, le difficoltà, gli insuccessi degli altri che hanno problemi simili  e ci si rende conto di come sia difficile per tutti dare risposte e organizzarsi in modo efficace. Gradualmente cresce la curiosità nei confronti di cosa fanno, come pensano, come scelgono gli altri, cosa che spinge a confrontarsi e ad ascoltare con attenzione modi alternativi ai propri. Questo confronto costruttivo porta a mettere in pratica altre soluzioni non ancora adottate e a suggerirne di proprie.

Il gruppo si costituisce ben presto come punto di riferimento importante e può diventare anche un’occasione per allargare la sfera sociale, organizzando eventi comuni, dandosi una mano in momenti di criticità, frequentandosi al di là degli incontri previsti dal progetto. Infine in gruppo si possono intraprendere iniziative nei luoghi della politica sociale, per sensibilizzare la comunità e coinvolgere quanti hanno potere decisionale circa le risorse da mettere in campo per meglio affrontare le problematiche derivanti dalla condizione di disabilità.

Concludo con una nota personale: l’esperienza con i genitori dell’associazione “Dopo di noi” è stata per me un’importante occasione di crescita. Credo di aver imparato molto e di aver ricevuto anche di più e oggi i genitori e i ragazzi del Dopo di Noi sono degli amici cari dai quali torno sempre con gioia. Le nostre comunità hanno sempre di più bisogno di vicinanza e confronto, di solidarietà e partecipazione e favorendo l’associazionismo familiare si favorisce la vera integrazione e la sensibilizzazione dell’intera società civile. Associazioni come questa non aiutano soltanto le persone che devono affrontare il problema della disabilità ma aiutano tutti noi, che siamo colpiti da una forma di disabilità molto grave e molto diffusa: come le tre scimmiette troppo spesso non siamo capaci né di vedere, né di sentire, né di parlare.

 

 
Altri articoli...

csv

Area riservata



Condividi!

Share this post

gruppo facebook